La settimana scorsa sono stata invitata ad una cena di laurea in un’osteria specializzata in piatti di pesce. Ovviamente, Giulia (la neo-dottoressa in giornalismo nonché mia migliore amica sin dai tempi in cui ascoltavamo le Spice Girls e compravamo i Cioè solo perché c’erano lucidalabbra o anellini in omaggio) ha premurosamente avvisato che tra gli ospiti c’era una vegana.
Giovedì quindi, dopo una interminabile trasferta veronese per assistere alla discussione e alla proclamazione di Giulia, ubriaca di stanchezza e di prosecco mi sono recata all’osteria aspettandomi una pasta al pomodoro e un mix di verdure grigliate nella migliore delle ipotesi perché nella peggiore l’oste avrebbe potuto rifilarmi solo verdure accompagnate da un tripudio di patate e chiedermi a più riprese:” La signorina vegana desidera del formaggio?” oppure:” “Mi dispiace ma non eravamo preparati, va bene un’ insalatona senza uova e senza tonno?”.
Mi siedo dunque in questo locale davvero carino ed accogliente, adocchio il cestino di pane pronta a difenderlo con le unghie e con i denti se necessario perché avrebbe potuto rappresentare la mia unica fonte di sostentamento assieme alla caraffa di vino bianco e attendo il mio piattone di verdure. Strabuzzo gli occhi quando vedo che anche a me servono l’antipasto, ancor meglio una variazione dell’antipasto che hanno servito agli altri commensali. Si, perché una delle cose più odiose è vedere che tutti possono godere di più portate e tu invece sei piantata lì da due ore col tuo enorme piatto di verdure patate e polenta e alla fine ne avanzi pure perchè davvero, con lo stesso piatto sotto il naso per tutto quel tempo non ce la fai più! Il mio delizioso e fine antipasto consisteva in un tortino di cous cous con verdure e un coloratissimo pinzimonio, a dimostrazione del fatto che per proporre un antipasto vegano davvero ci vuole poco, basta non andare nel panico… insomma, sappiamo tutti cos’è una bruschetta al pomodoro, no?
Giusto per farvi invidia vi dico che il mio primo piatto è stato un orzotto alle fragole, mentre al resto della combriccola hanno servito orzotto alle fragole con scampi: anche qui premio all’acume, che sembra scontato ma non lo è, di aver capito che quel primo piatto era veganizzabile agilmente, compiendo una semplice sottrazione.
Ma la vera sorpresa è stato il secondo piatto: seitan su letto di rucola e pane tostato. Appena ho visto la portata duemila piccole Martina dentro il mio stomaco hanno fatto la hola, quando poi ho udito le parole dell’oste a me rivolte:”Mi scuso ma non eravamo del tutto preparati e ci siamo informati in internet, speriamo che lei possa gradire”, le stesse duemila piccole me hanno accerchiato quell’uomo dolce e lo hanno abbracciato. Cioè, questa simpatica famiglia che gestisce l’osteria e che ama davvero il suo lavoro ha appositamente fatto una gita al supermercato per comprare il seitan solo per me ed assicurarmi tutte le portate che un vero menu da ristorante prevede. La loro priorità era fare felici i clienti qualsiasi fossero le loro preferenze culinarie, l’intrepida famiglia di Casale sul sile si è avventurata nella selva oscura del mondo vegan uscendone vincitrice e avendo imparato che forse quel bosco non è poi così impenetrabile, insomma, keep calm and make your vegan guests happy! Se fossi stata un critico gastronomico, un’aspirante Fiammetta Fadda, avrei estratto la mia penna rossa e inciso un bel 10+ sulle chiappe, ehm…sulla fronte dello chef! Vi auguro di incappare in un’esperienza così: amiche, buon vino, risate e del seitan proprio dove non te lo aspetti.
DEL SEITAN DOVE NON TE LO ASPETTI

una cosa del genere è capitata anche a me (per fortuna!). Eravamo un gruppo di amici, organizzata la giornata per andare a vedere una mostra in provincia di Asti. Per il pranzo si pensava ad una pizzeria (dove anch’io avrei potuto mangiare) e invece siamo capitati in una trattoria; chiedendo se c’erano problemi a servire qualcosa di vegano, risposero che se non avevo troppe pretese, qualcosa avrebbero potuto proporre. Risultato: antipasto di verdure grigliate, insalatina di carciofi, pinzimonio; minestrone di verdure con fagioli; finocchi saltati in padella. Per essere una trattoria hanno fatto i miracoli, considerando anche il mancato preavviso. Diversamente, in un ristorante dove avevamo prenotato ed era stato espressamente richiesto un menù vegano, mi hanno proposto: verdure pastellate fritte (uovo), tagliolini in bianco (uovo e burro), polenta con formaggio….alla fine, rifiutando tutto, sotto lo sguardo esterrefatto del gestore e dei camerieri che sottolineavano “ma quello che abbiamo proposto non aveva carne!”, mi sono accontentata di una banalissima insalata verde (nemmeno mista)…mentre gli altri si sono letteralmente abbuffati con venti o più portate…e qualcuno che non mi conosceva bene (perchè il gruppo era numeroso, e alcuni erano solo conoscenti) mi chiede: “ma non mangi niente?” GRRRRRR! Morale: come al solito è l’intelligenza e la sensibilità delle persone a fare la differenza. Ciao!
Loredana
Mi deve ancora capitare un’esperienza così!purtroppo fino ad ora mi hanno rifilato:insalate,patate in tutte le salse,pasta e pane.insomma,un festival di carboidrati sulle mie cosce!!!!!!:(